Apr 25, 2016
Una delle cose più belle da fare la notte, quando si è soli, è mettersi
comodi e guardare un film.
Spesso però va a finire che un solo film non basta, la sete di arte
altrui è troppa e bisogna riempire di nuovo il bicchiere... e così parte
anche il secondo film.
Può sembrare strano pensare a uno, sotto le coperte, con le sue cuffie a
cavo che percorre mezza stanza, che guarda film fino alle 4 del mattino
per il solo gusto di stare bene. Ma non è il luogo, non è
l'abbigliamento o i mezzi utilizzati che fanno la serata interessante. È
tutto l'insieme, ben amalgamato, che fa passare le ore come fossero
minuti.
Qui si fa interessante, perché sorge spontaneo chiedersi -ma che film
guardi?- e la risposta non è scontata, anzi è tutt'altro che banale. Va
dal momento, va dal tempo, dall'umore. In genere, nel mio caso, ricado
sempre su horror, thriller o splatter.
La cosa buffa è che ci sono tantissimi film, ne escono a decine tutti
gli anni ma la qualità non è sempre ottima. Spesso molti B-movie sono
molto meglio degli AAA tanto acclamati con super effetti speciali. Un
po' come nella musica, nei videogiochi e anche nei film, sta iniziano a
perdersi un po' quell'arte, quell'amore che dovrebbe essere
onnipresente.
Purtroppo, se si rincorrono solo gli incassi va a finire che si perde
l'obbiettivo ovvero fare. Sì perché non è mica banale fare; cosa
vorrà mai dire? Vuol dire che le cose non vanno fatte tanto per essere
fatte, vanno fatte perché volevi rendere partecipe il mondo di quello
che senti dentro, condividere con il mondo la tua idea, la tua folle e
geniale storia, il tuo quadro, il tuo pazzo videogioco, quel giro di
basso che fa rizzare i peli.
Per fortuna ci sono ancora artisti, geni, pazzi che riescono a tirare
fuori quello che hanno dentro e a trasmetterlo al mondo. Non servono per
forza mille effetti speciali o un cast da paura, spesso con molto meno
si può già fare tanto.
Se poi però unisci i soldi a grandi attori, ottime idee e bravura nel
cucire tutto... beh, l'orgasmo artistico è bello che servito.
Questo è quello che mi succede ogni volta che Tarantino tira fuori
qualcosa; io lo immagino la notte che si guarda B-movie nella "sua
cameretta dei film" e poi tutto d'un tratto si fa strada un'idea nella
sua testa, scivola tra la poltiglia del cervello, sguazza e si diverte
finché viene fuori. Da li nasce tutto. Me lo voglio immaginare così.
Quando ti metti davanti lo schermo diventa una droga, non puoi farne a
meno, non puoi staccarti. Anche se il film durasse 6 ore tu resteresti
li a sentire infiniti e surreali dialoghi, inquadrature alla spaghetti
western, il sangue che schizza come se fosse acqua spruzzata da
irrigatori.
Insomma, la notte passa veloce così.
Ed è qui che poi uno riflette, immagina come si possa creare tanta
armonia, un'opera quasi perfetta, minuziosa.
Forse è proprio questo che accomuna i grandi uomini, forse è proprio il
dettaglio che li lega. La continua ricerca della perfezione.
Tarantino la mette nei suoi film, cercando la perfetta inquadratura, i
riferimenti con i film da lui più amati, le ambientazioni, i cambi scena
"da bagno".
Steve Jobs lo faceva alla Apple ricercando in modo maniacale la
perfezione delle loro macchine. Dovevano essere belle, con linee
semplici, un software pulito e un hardware bello da vedere anche dentro
al limite dell'assurdo. Eppure quando smonti un prodotto Apple per
guardarci dentro, nulla è al caso, persino i colori dei componenti, la
cura e l'armonia con cui sono disposti.
E vogliamo parlare del pazzo di Torvalds che vuole la perfezione
assoluta nel suo kernel Linux? Si, al punto di "sgridare" Intel e fare
il dito medio a nVidia.
Ma vogliamo parlare invece di come Michelangelo riusciva a tirare
fuori dalla roccia sculture dalla perfezione così esagerata che non ci
sono parole per descriverle una volta travati dinanzi.
Forse è tutto molto semplice, forse è semplicemente l'amore che si ha
per le cose che si fanno che fa uscire fuori il meglio di noi esseri
umani. Forse dovremmo cercare di essere noi stessi e ascoltare quello
che abbiamo dentro, tirarlo fuori e condividerlo con il mondo. Ma non
per avere qualcosa in cambio... anche se poi, se abbiamo qualcuno che ci
ascolta, abbiamo già ricevuto tanto in cambio.
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Jan 23, 2010
No, non sto parlando dei mattacchioni pinguini di Madagascar e di una
loro missione con nome in codice, anche se poi non sarebbe tanto
strano...
Pandora è il pianeta dei Na'vi, alieni color puffo, del film
Avatar di James Cameron.

Okey, ma allora cosa c'entrano i pinguini?
Un attimo, un attimo...
Il film è stato sviluppato, udite udite, su macchine con sistemi
operativi basati su Linux. Ma Avatar non è un eccezione, il pinguino
è protagonista nella storia del cinema da parecchi anni ormai.
Smigol del Signore degli Anelli
Andiamo con calma però, meglio scrivere due righe riguardo questo nuovo
film di Cameron e perché si parla tanto di questa pellicola.
Un po' di trama
La trama del film è in testa al buon James da parecchi anni, almeno una
15ina a quanto pare ma non ha mai potuto mettere in pratica la sua pazza
fantasia a causa della mancanza di tecnologie all'altezza. Già, non è un
regista che si accontenta molto facilmente e dopotutto ha anche ragione.
Oggi però abbiamo a disposizione molta potenza di calcolo a "basso
costo" e software molto potenti per lo sviluppo di effetti
speciali...ecco quindi che viene alla luce Avatar, un film
tecnologicamente sconvolgente che difficilmente deluderà gli amanti
della fantascenza, ma anche chi non ne è particolarmente appassionato.
Facendola stretta, senza svelare troppo la trama del film, ecco di cosa
tratta: terrestri, armati fino ai denti, sbarcano su un pianeta di nome
Pandora, popolato da strane creature e un popolo intelligente con
sembianze umane di nome Na'vi. Lo scopo dei terrestri è di ricavare da
questo pianeta, con le buone o con le "meno buone", l'Unobtanium, un
minerale superconduttore molto ben quotato. E poi ci sono gli
Avatar...ma non sto a raccontarvi filo e per segno tutta la storia,
basti sapere che l'ambientazione è sorpremendentemente dettagliata e
quasi completamente disegnata in computer grafica, personaggi quasi
completamente virtuali e una storia ben equilibrata da lasciarci
attaccati ai divanetti per tutto il tempo.
Stereoscopia
Il film è stato realizzato principalmente per la visione
stereoscopica, 3D, insomma, quella con gli occhialini. Il
funzionamento della visione 3D è abbastanza semplice. Esistono
principalmente due tipi occhiali 3D, quelli passivi e quelli attivi.
Occhiali Passivi
Il film viene proiettato con due immagini sovrapposte, una per l'occhio
destro e l'altro per il sinistro. Le due immagini sono sfalsate nella
ripresa di circa 6cm, ovvero la stessa che abbiamo tra i nostri due
occhi. Tutto questo si somma ad una polarizzazione differente per le due
immagini in modo da poter filtrare con gli occhialini con lenti
polarizzate solo l'immagine corretta per ogni occhio. L'effetto finale è
quello di illudere il cervello di vedere due immagini distinte e
sfalsate, proprio come accade nella realtà. Il cervello in automatico
unisce le due immagini e ci da il senso della profondità, come se
stessimo vivendo in prima persona le scene.
Occhiali Attivi
Gli occhialini attivi invece sono di tipo elettronico. Il film viene
proiettato con immagini che si alternano tra un occhio e l'altro, sempre
sfalsate, per creare l'effetto profondità ma questa volta, al posto di
filtrare in modo passivo, gli occhiali oscurano l'occhio destro quando
sullo schermo c'è l'immagine per l'occhio sinistro e viceversa. In tale
modo non dovrebbe mai essere possibile vedere immagini sovrapposte e la
velocità con cui vengono alternate le immagini è talmente alta da
abbituarsi molto velocemente senza dare particolare fastidio.
C'è da dire però che l'iniziale fastidio dovuto agli occhialini, attivi
o passivi che siano, puo' essere differente da persona a persona e in
alcuni casi puo' anche dare vertigini e giramenti di testa (qualche
divanetto più in la di dove ero seduto io, un ragazzo ha dato il meglio
di se ricolorando un divanetto e la moquette...brrr).
Comunque, vedere un film del genere in 3D è una cosa
sconvolgente...l'effetto di tridimensionalità in questo caso è molto ben
bilanciato, non dà quel vecchio effetto cartone in rilievo ma le forme
sono ben arrotondate. Superconsiglio è spararselo in 3D tutto d'un fiato
;-)
Dietro le quinte
La produzione ha richiesto molto impegno e uso massiccio
dell'elaborazione digitale sia in post-produzione che sul set.
Gli attori, per interpretare gli alieni, hanno utilizzato delle tute per
mocap (Motion Capture)
trasferendo al PC tutti i movimenti da applicare poi ai modelli 3D dei
vari personaggi.

Per le espressioni del viso sono state utilizzate delle piccole
telecamere montate davanti al viso con dei piccoli punti di riferimento
in punti specifici della del viso, pronte ad analizzare tutti i vari
movimenti sul volto degli attori. Il set, per la maggior parte, è stato
praticamente spoglio, giusto il minimo indispensabile per recitare e
simulare le corse sugli alberi, le cadute, il volo sugli elicotteri,
ecc.

Per avere una visione più vicina possibile al risultato finale sono
state utilizzate delle speciali telecamere, simulcam, in grado di
visualizzare durante la ripresa le scene già nell'ambientazione
virtuale. Questo è stato molto importante dato che solo il 40% degli
elementi del film sono live action.

Le scene sono state filmate in 3D con il Reality Camera System, un
sistema che prevede l'utilizzo di due obbiettivi su una stessa
telecamera, senza dover aggiungere in post-produzione l'effetto 3D,
garantendo un effetto decisamente eccezionale. Gli obbiettivi possono
cambiare angolazione svincolati l'uno dall'altro, proprio come accade
con i nostri occhi. In più il regista ha potuto postarsi con la
telecamera anche dopo aver girato la scena, senza attori, vedendo il
mondo circostante virtuale.
Eccezionale l'ambientazione fatta al computer, impressionante e
coinvolgente, soprattutto le montagne volanti, le cascate e le luci in
simbiosi con la vita sul pianeta.

Sul set è stato utilizzato Adobe After Effects mentre per le texture
Adobe Photoshop. Il resto è lasciato in mano a vari software, per lo
più di casa Autodesk come Autodesk Combustion, Maya, 3D Studio
Max, Smoke. Per il rendering invece è stato utilizzato Renderman di
Pixar.
Notare che la maggior parte dei prodotti Autodesk di alto livello come
Smoke (fratello minore di Inferno, il software forse più costoso al
mondo) girano soltanto su macchine dotate di Red Hat Enterprise e solo
da pochi mesi anche per Mac. Quindi, molto probabilmente, buona parte
della realizzazione è stata fatta grazie al pinguino.
Il nostro pennuto, invece, si mette sicuramente in prima fila in una
parte importante del film, ovvero gli effetti speciali e il rendering
che sono stati affidati ad un colosso dei VFX, Weta Digital con sede
in Nuova Zelanda. Il cluster di macchine è formato da moduli server HP
BL2x220 montati su HP BladeSystem c7000 collegati con moduli HP
Virtual Connect ridontanti come i sistemi di alimentazione utilizzati.
Ogni server ha due CPU Intel L5335 con 50W di consumo, 24GB di
RAM e un misto di dischi da 60 e 120GB.

Tutto questo per un totale di 34.816 CPU e 104.448 GB di RAM
con 17,28 GB/s di dati scambiati ogni secondo e 1,3 milioni di tasks
ogni giorno per Avatar.
Impianto di raffreddamento del
datacenter
Server HP... mhm... Canonical nel 2009 ha lavorato molto per partnership
con grandi costruttori di server e HP è tra questi.
Saranno contenti tutti gli Ubuntsisti allora; Weta Digital utilizza
appunto, come sistema operativo per il proprio cluster, Ubuntu Server
64 Bit.
Riproduzione
Il film, almeno dove l'ho visto io, è stato riprodotto in formato
digitale e non in pellicola. Questo ha permesso una definizione migliore
sia per il video che per l'audio.
Dal sito di Paolo
Attivissimo
vado a scoprire invece che il video è un file in Motion JPEG2000
grande 2048 x 858 a 48 fotogrammi al secondo (il doppio di una
proiezione 2D) di circa 155GB e consegnato su disco rigido criptato
(ma può essere anche trasferito via satellite in alcuni cinema). Il film
viene scaricato tramite una comunissima USB sul server Linux che si
occupa della produzione.
Hard Disk criptato di Avatar
Sopra c'è il proiettore e sotto il rack con il
server Linux
Conclusioni
Il film è
una vera opera d'arte e ingegneristica, anche se la storia "puzza un po'
di già vista", ma è inevitabile dato che il film prende sicuramente
spunto da molti altri film, fondendo tutto in uno dei film di
fantascenza piu' belli degli ultimi anni.
Linux, come
al solito, si dimostra molto utilizzato ed efficace quando serve
realmente avere sotto controllo tutto e quando c'è bisogno di potenze di
calcolo così elevate. Chissà se Linus si sarebbe mai immaginato tutto
questo successo per il suo piccolo bimbo :-)
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